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17 ottobre 2011 La BP tornerà a trivellare nel Golfo del Messico
In una sorta di gioco macabro, in cui l’assassino una volta libero torna sul luogo del delitto, ad accertarsi se c’è rimasto ancora qualcosa di vivo da finire, la BP potrebbe fare nuovamente capolino nel Golfo del Messico, armata di trivelle e munita, ce lo auguriamo, di piani per usarle nel migliore dei modi. La notizia che la compagnia petrolifera, rea della marea nera, parteciperà alla gara per aggiudicarsi i diritti di trivellazione in quell’area, arriva dal Bureau of Safety and Environmental Enforcement. Michael Bromwich, a capo dell’organo, motiva questa decisione con una dichiarazione che ha fatto inorridire gli ambientalisti, e rabbrividire il resto dell’opinione pubblica americana:
"Non si concede la pena di morte sulla base di un solo incidente."
Nemmeno se quell’incidente è un ecocidio tra i più devastanti nella storia dei disastri petroliferi, che è costato la vita ad undici persone, ha contaminato le spiagge di numerosi Stati nel Sud degli USA, ha ucciso centinaia di animali della fauna marina e avrà conseguenze a lungo termine sugli ecosistemi dell’area? In tanti sono rimasti delusi da questa decisione alquanto discutibile. Dopo la marea nera, si dava per scontato che la BP sarebbe stata esclusa dalla gara. Friends of the Earth si dice allibita dalle parole di Bromwich:
"I governi dovrebbero amministrare la pena di morte a tutte le perforazioni in acque profonde, piuttosto che aspettare incidenti ancora più devastanti di quello occorso alla piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico in qualsiasi altra parte del mondo", ha affermato Craig Bennett, direttore della politica e delle campagne del gruppo ambientalista.
D’altra parte, non è solo una questione etica, escludendo la BP che ha già dimostrato la sua incapacità di far fronte alle emergenze e di elaborare piani di sicurezza validi, non c’è una sola compagnia petrolifera che sia in grado di affermare di riuscire a trivellare senza rischi a quelle profondità. Per non parlare delle garanzie nulle offerte per la gestione di eventualità simili. E’ come se un assassino ammettesse: Non so se ucciderò di nuovo e venisse lasciato a piede libero. La triste verità è che i suoi reati ci servono per alimentare il mondo…
Fonte: www.ecologiae.com
5 agosto 2010 - marea nera: chiuso il pozzo con mega-iniezione fango
NEW ORLEANS - L'operazione ''Static Kill'' ha avuto successo, e il pozzo sottomarino Macondo della BP che, dal 22 aprile riversava greggio nel Golfo del Messico, e' stato chiuso ieri, con una iniezione di fango nel giacimento durata una giornata. Ora verra' iniettato cemento per chiudere definitivamente la falla, che ha scaricato in mare cinque milioni di barili di petrolio. Soddisfatto il presidente Obama, che ha commetato:''Siamo contenti di constatare che dopo mesi la lunga battaglia e' alla fine''. Ancora da quantificare i danni alla fauna marina, alla pesca e al turismo. La BP assicura, ''pagheremo fino all'ultimo dollaro''.
NUOVO ALLARME, LIQUIDO DISPERDENTE UCCIDE CORALLO - Nel Golfo del Messico scatta un nuovo allarme: popolazione di corallo in pericolo per colpa del disperdente utilizzato per eliminare le fuoriuscite di petrolio dalla Deepwater Horizon. A darne notizia un nuovo studio, pubblicato sul New Scientist, svolto dai ricercatori del Mote Marine Laboratory in Florida. I test in laboratorio hanno evidenziato come la soluzione trovata dalla Bp sconvolga inesorabilmente l'ecosistema del corallo: il liquido per contrastare il greggio blocca lo spostamento delle larve verso la superficie del mare dove finiscono la loro maturazione. La vita di questi piccolissimi organismi, grandi come "una punta di spillo", consiste infatti nel galleggiare nelle acque prima di agganciarsi su superfici solide, come rocce, scogli, pareti rocciose o vecchie piattaforme petrolifere. La maturazione di una colonia è un processo lungo e delicato, affermano gli studiosi, che richiede centinaia di anni. Il team di ricerca ha osservato le larve del corallo "Mustard Hill" per 48 ore, pari al tempo necessario per la maggior parte di queste di stabilizzarsi su una superficie solida: i risultati preliminari hanno dimostrato come gli organismi a contatto con il liquido disperdente non riescano a concludere il processo, mentre paradossalmente non abbiano problemi quelle poste in un mix di acqua e petrolio. "Dovremmo testare le conseguenze su tutti i differenti tipi di corallo - ha affermato Steve Ross, zoologo alla University of North Carolina di Wilmington- non essendo ancora in grado di fare questo passaggio io penso tuttavia che possiamo pensare che se c'è un impatto negativo su un tipo di corallo, ce ne sarà uno altrettanto dannoso sugli altri".
www.ansa.it
Fonte: Nexus Magazin (Germania), Thomas Kirschner, 28 maggio 2010
Traduzione: Tanja Pasini
Mi dispiace molto spaventarvi. Ma la mia attuale valutazione della situazione è che nei prossimi tempi potrebbe davvero arrivare “l’inizio della fine”… almeno per una parte significativa dell’umanità. E naturalmente del mondo animale e vegetale. No, non sto esagerando. Sono piuttosto i media tradizionali a sminuire drasticamente la vera portata della catastrofe.
Mentre i media tradizionali in Italia si occupano principalmente di eventi sensazionali come il casting di X-Factor o dell’Isola dei famosi, i servizi di notizie specializzati come Peoplenomics avvisano: la fuoriuscita del petrolio nel Golfo del Messico potrebbe avere delle conseguenze serissime per la nostra civiltà. L’ultimo rapporto di Halfpasthuman si aspetta addirittura degli scenari in cui in tutto il mondo potrebbero morire da uno a cinque (sic!) miliardi di uomini a causa dei danni ambientali provocati e le quasi sicuramente conseguenti rivoluzioni politiche.
Vi è ancora la possibilità che la BP/il governo/l’élite possa chiudere la falla a breve termine e limitare i danni della catastrofe a un multiplo dell’avaria della Exxon Valdez (la disgrazia della Exxon Valdez finora è stata considerata la più grande catastrofe ambientale dell’umanità, e si calcola che la perdita della BP produca lo stesso danno ogni due/tre giorni).
Ma anche queste vaghe speranze svaniscono alla luce di una nuova pubblicazione, nella quale un professionista dell’industria petrolifera rivela l’esistenza di un’ulteriore falla, più grande di cinque o sei volte.
Altre voci sostengono la possibilità che non si tratti di una falla convenzionale di un oleodotto, bensì di un vulcano sotterraneo che in qualche modo si è aperto e che non fa fuoriuscire soltanto olio, ma anche zolfo. Ciò si dedurrebbe dal colore ocra della melma espulsa. Secondo un osservatore, non è il colore del petrolio, che sarebbe nero.
Mentre la maggior parte dei nostri contemporanei sono al momento più interessati agli eventi sportivi, vorrei far notare che le conseguenze della catastrofe targata BP, qualunque siano le sue cause, non sarà percettibile a lungo unicamente nel Golfo del Messico. Negli Stati Uniti è imminente la stagione degli uragani, e si può supporre che a causa di questi si formeranno dei venti “cattivi”, che potrebbero portare piogge contaminate dal petrolio su gran parte del paese. Le conseguenze per la catena alimentare sarebbero disastrose, tanto più che la pesca nel golfo per molto tempo sarà pressoché inesistente e la moria delle api, ovviamente sempre taciuta dai media, sta continuando.
Nota: solo poche ore dopo aver messo questo articolo online appare già la prima notizia delle piogge al petrolio su Internet. Non sarà certamente l’ultima.
Tirando le somme, nasce il pericolo di una carestia senza precedenti per gli Stati Uniti… assieme alla prospettiva di evacuare alcuni stati (la Florida, il delta del Mississippi, forse anche il Texas). Di fronte alla situazione già tesa a causa della disoccupazione, la crisi finanziaria e la corruzione generale dei poteri governanti, questo potrebbe comportare dei disordini politici, che potrebbero tranquillamente arrivare allo stesso livello della presa della Bastiglia durante la Rivoluzione Francese. E a proposito di governi corrotti: vorrei fare riferimento a una notizia non poco importante, secondo la quale la catastrofe si sarebbe facilmente potuta evitare, se non si fosse rinunciato “per motivi di risparmio” all’installazione di un dispositivo di allarme acustico, consigliato dagli esperti. I responsabili di questa decisione? Bush e Cheney. Un futuro tribunale rivoluzionario si chiederà se la “lungimiranza” di questi due magnati del petrolio travestiti da capi di stato sia motivata davvero soltanto dalla loro avarizia morbosa, o se abbiano agito in malafede fin dall’inizio. Come riporta Halfpasthuman, il meme “rivoluzione” nell’analisi linguistica della situazione mondiale rappresenta già un termine chiave, e ciò indica che le condizioni sono davvero molto, molto critiche.
Sembra improbabile che tali sconvolgimenti si limiteranno soltanto all’America e non si estenderanno ad altre parti del mondo. Nell’era dei collegamenti globali sia la carestia, sia l’atmosfera incombente da pogrom, come pure un collasso dei mercati finanziari sarebbero sicuramente degli “articoli di esportazione” di facile smercio… e le forze della natura con ogni probabilità faranno il resto per portare l’onda nera anche in Europa con un minimo ritardo.
Se avete pronto un piano d’emergenza in caso di catastrofi, che finora non avete messo in pratica: ADESSO è l’ora giusta di dargli la massima priorità. Ciò che sta succedendo si può definire un ELE, un “Extinction Level Event”. E vi è anche una certa ironia in tutto questo: per troppo tempo siamo stati avvisati che la nostra società deve abbandonare la dipendenza morbosa dal petrolio, e NIENTE è riuscito a toglierci finalmente questo vizio.
Ora la terra probabilmente ci fornirà più petrolio di quello che vogliamo, e anche gratis, a domicilio.
Dio abbia pietà di noi!
Fonte:
http://x-cosmos.info/
I NUMERI DEL DISASTRO
• 2,4: in miliardi di dollari il fatturato dell’industria della pesca, a rischio per lo sversamento.
• 5: gli aerei impiegati contro lo sversamento di petrolio nel golfo del Messico.
• 5: i milioni di dollari chiesti dai pescatori di gamberi i una class action pronta per essere avviata.
• 32: le navi impegnate nelle operazioni contro la chiazza oleosa.
• 500: gli uomini a lavoro contro la marea nera.
• 50: gli anni di durata degli effetti della macchia oleosa sulle coste della Louisiana.
• 60: la distanza in chilometri della macchia dalla costa – 130: la lunghezza in chilometri del velo sulla superficie
dell’oceano creato dalla chiazza oleosa.
• 1.500: i metri alla cui profondità si trova il pozzo che emette greggio
• 5.000: numero dei barili di petrolio persi giornalmente dalla Bp a causa dell’esplosione della piattaforma.
• 70.000: i chilometri quadrati dell’area contaminata, un’area grande quanto il bacino del Po.
• 200.000: i litri di greggio emessi ogni giorno dalle falle sottomarine.
• 400.000: i litri di sostanze chimiche spruzzate sulla superficie dell’oceano dalle unità della società petrolifera britannica Bp.