NUCLEARE - FUSIONE FREDDA - Il mio mondo

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NUCLEARE - FUSIONE FREDDA

IL NOSTRO MONDO > FUOCO > ENERGIE per NOI

Articolo del 06 aprile 2012


Mentre cala un velo di silenzio sull'E-Cat di Rossi e sul suo rivale greco, la Defkalion, nel mondo sono sempre di più i paesi che hanno mostrato interesse verso la fusione fredda. Adesso anche l'India, dopo gli Stati Uniti e di recente l'Italia, guarda alle LERN (Low Energy Nuclear Reactions) con un occhio nuovo e forse qualche aspettativa in più.

B.S. Raghavan, scrivendo una colonna sul giornale indiano Hindu in lingua inglese, ha segnalato la possibilità che a breve i consulenti scientifici del governo indiano possano studiare approfondire le ricerche sulle LENR.
Raghavan, però, cita a sua volta il discorso tenuto recentemente dall'ex direttore associato del Bhabha Atomic Research Centre (BARC), il dottor M.Srinivasan, che ha descritto la rinascita attuale nel campo della ricerca sulle LENR. Per questo, il giornalista ha rivolto un appello alla comunità scientifica indiana per invitarla ad intraprendere un studio serio sul tema e a non ignorare questa opportunità per la produzione energetica del futuro.
“È un'occasione d'oro che il principale consigliere scientifico, il dottor R.Chidambaram, non riesce a cogliere” sottolinea il giornalista, soprattutto in vista della sua “rilevanza economica e sociale”.

La fusione fredda sembra stia uscendo, suo malgrado, dalla segretezza dei laboratori, suscitando clamore in tutto il mondo.

Su E-Catworld.com, intanto si legge una novità legata al nome di Daniele Passerini, presente ai test bolognesi sull'E-Cat. Quest'ultimo, dopo aver assistito alle prove, sarebbe del tutto convinto del funzionamento del catalizzatore: “Se sapessi quanti movimenti sono in corso dietro le quinte (aziende, università, partiti politici ...)” dice nel suo blog. Ma anche lui si autocensura: "Mi dispiace, non posso dire nulla, e vi assicuro che è molto frustrante”.

Quali segreti si celano dietro alle macchine che promettono di garantirci un futuro basato sull'energia pulita?


PARERI CONTRARI


Articolo del 13 marzo 2012


L’avevo detto che Andrea Rossi si era messo in una situazione senza uscita. L’ inventore del preteso reattore nucleare detto E-Cat non poteva continuare a raccontarci che non aveva più bisogno di dimostrare niente a nessuno e che, perciò, stava costruendo negli Stati Uniti una fabbrica di E-Cat domestici da installare in cantina (addirittura in milioni di esemplari). Non era semplicemente possibile e, in effetti, lo stesso Rossi ha dovuto ammetterlo.

E’ successo che qualcuno ha chiamato il bluff. Qualche giorno fa, un ispettore del Dipartimento del Controllo delle Radiazioni dello stato della Florida è andato a vedere cosa succedeva nella pretesa “fabbrica di reattori nucleari” a Miami. Hanno trovato l’inventore in persona, Andrea Rossi, che ha dichiarato che dentro il suo arnese “non si producono reazioni nucleari” e che, quindi, non ci sono emissioni di radiazioni. Ha detto anche che c’è nessuna fabbrica a Miami e che la produzione è “overseas”, cioè non negli Stati Uniti. (trovate tutta la documentazione qui, commenti in inglese qui e qui, Un commento in italiano lo trovate qui. Rossi stesso ha confermato tutto qui. )

>>continua a leggere>>

Fonte: www.greenme.it    Articolo di Francesca Mancuso

 

Articolo del 22 giugno 2011


Mentre è chiaro quasi a tutti che la produzione di energia nucleare da fissione è una tecnologia ormai vecchia e che presenta troppi effetti collaterali, si diffonde la curiosità sulla fusione nucleare a bassa energia, che potrebbe aprirci ad un futuro libero dalla schiavitù da fonti fossili ed emissioni di gas serra. Sogno scientifico o realtà futuribile? Presto per dirlo, e in ogni caso riduzione ed efficienza restano la via maestra per il futuro energetico. Intanto, però, il "catalizzatore di energia" di Rossi e Focardi riporta sotto i riflettori un campo della ricerca caduto nell’oblio dello scetticismo.

In un momento in cui si parla tanto di nucleare, a partire dall’incidente presso le centrali giapponesi di Fukushima fino al referendum che ha visto gli italiani esprimersi per la seconda volta in merito a questo tema, potrebbe tornare in auge la ricerca nell’ambito di un’altra forma di energia nucleare, pulita e priva di rischi, ossia quella proveniente da reazioni di fusione.La cosiddetta fusione fredda ha di nuovo fatto parlare di sé all’inizio di quest’anno, quando Andrea Rossi, filosofo con la passione per l’ingegneria e una grande inventiva, e Sergio Focardi, professore emerito di fisica presso l’Università di Bologna, hanno annunciato di aver realizzato un piccolo reattore, da loro chiamato catalizzatore di energia, che è in grado di produrre energia da fusione fredda a partire da idrogeno e nichel.

A questo proposito occorre ricordare che esistono due fenomeni che conducono alla produzione di energia tramite reazioni nucleari: la fissione e la fusione.

Nella prima, quella sfruttata nelle attuali centrali, nuclei di elementi pesanti decadono in nuclei più leggeri, liberando grandi quantità di energia (nonché scorie e radiazioni ionizzanti, letali per gli esseri viventi). Normalmente vengono utilizzati isotopi di uranio e plutonio, bombardati da neutroni. (approfondisci>>)

La fusione si basa su un principio diverso: due nuclei di elementi leggeri si uniscono (fondono) dando origine ad un nucleo più pesante instabile, che a sua volta decade in elementi più leggeri, emettendo energia. Se si riuscisse a realizzare in modo controllato, la fusione permetterebbe di generare energia in quantità pressoché illimitata, senza emettere gas nocivi (e gas serra) e con una produzione di scorie nulla o estremamente limitata. La difficoltà nell’innescare la fusione sta nel fatto che i nuclei, entrambi carichi positivamente, si respingono, quindi non entrano mai in contatto abbastanza ravvicinato da fondersi insieme. Tale avvicinamento può essere realizzato in regime di altissime temperature e pressioni. In questo caso si parla di fusione calda (o meglio, termonucleare): essa evidentemente non è vantaggiosa, in quanto richiede impiego di molta energia per creare le condizioni di innesco.

La fusione fredda (alla quale sarebbe più corretto riferirsi come “reazione nucleare a bassa energia”), invece, è una fusione in cui la reazione si genera a temperature di poco superiori a quelle ambientali, partendo da isotopi dell’idrogeno, quali il deuterio e il trizio (ossia atomi di idrogeno il cui nucleo contiene uno o due neutroni in più).

Sebbene gli esperimenti su questo processo nucleare siano iniziati più di trent’anni fa, a tutt’oggi non si ha una grossa conoscenza di tali fenomeni e, soprattutto, una riproducibilità affidabile dei risultati. I primi ad annunciare di aver prodotto energia da fusione nucleare a bassa temperatura furono due chimici, Fleischmann e Stanley, i quali nel 1989 realizzarono una cella elettrolitica che generava energia a partire da deuterio e palladio. Da allora la fusione fredda ha avuto sorti alterne: gli esperimenti realizzati sono stati vari, alcuni hanno prodotto risultati positivi, ma molti invece esito negativo. In generale la scarsa riproducibilità degli esperimenti, la difficoltà di effettuare misurazioni precise, la mancanza di evidenze schiaccianti, hanno fatto sì che l’interesse scemasse e che, anzi, un certo discredito in campo accademico segnasse negativamente le ricerche sui processi nucleari a bassa energia. Qualcuno ha anche ipotizzato che le lobbies delle fonti fossili e del nucleare tradizionale remassero contro questo tipo di ricerca, ostacolandone lo sviluppo. Ciò nonostante, piccoli gruppi di ricercatori hanno continuato ad interessarsi a questa branca della fisica, sviluppando nuovi esperimenti. Ed alcuni hanno cercato anche di mettere a punto delle teorie che spiegassero il fenomeno: a tal proposito particolarmente importante è il lavoro di un fisico teorico italiano, Giuliano Preparata.

Il dispositivo realizzato da Rossi, con la collaborazione di Focardi, sarebbe in grado di produrre una quantità di energia almeno 20 volte superiore a quella impiegata per la sua messa in funzione, tramite un processo di fusione nucleare tra nichel e idrogeno. Tali componenti, insieme ad altri additivi che svolgerebbero la funzione di catalizzatori, agiscono in una camera di reazione grande poco più di una stufetta elettrica. La camera è posta in contatto termico con un recipiente contenente acqua ed isolato dall’esterno. Quando la reazione si innesca, la temperatura cresce e di conseguenza l’acqua si scalda fino a diventare vapore. Come noto, il vapore può essere utilizzato per far ruotare una turbina e questo consentirebbe di sfruttare tale processo per generare energia elettrica.

L’elemento di eccezionalità sta nel fatto che, in condizioni stazionarie, l’energia in uscita (ossia il calore prodotto) risulta essere molto maggiore di quella in entrata, cioè di quella impiegata per innescare la reazione. L’energia prodotta è troppo elevata perché si possa trattare di un normale processo chimico, mentre il consumo di materia prima è bassissimo. Ciò induce a credere che si abbia a che fare con una reazione di natura nucleare.

I due autori hanno tenuto delle presentazioni ufficiali all’inizio di quest’anno, a Bologna, alla presenza di esperti italiani prima e stranieri poi, i quali hanno potuto osservare il fenomeno e fare delle misurazioni, senza però poter sapere nel dettaglio come il dispositivo fosse realizzato, in quanto coperto da segreto industriale. Persino il professor Focardi è all’oscuro di quale siano gli additivi catalizzatori impiegati nel processo. Durante uno di questi esperimenti pubblici, durato circa un’ora e mezza, a fronte di un consumo di 600Wh di energia, ne sono stati prodotti 12mila in uscita. Gli astanti hanno potuto vedere la produzione di vapore acqueo in seguito all’attivazione della reazione e misurare temperature ed emissioni.

Secondo quanto affermato da Rossi, la fase di sperimentazione è conclusa da tempo e anche quella di industrializzazione è ormai a buon punto, tanto che, promette l’inventore, entro la fine dell’anno una centrale da 1 milione di Watt (1MW) termico di potenza sarà realizzata ad Atene, dalla società greca Defkalion Green Technologies S.A.  Un centinaio di esemplari del dispositivo mostrato negli incontri pubblici sono stati già prodotti a Miami, dalla Leonardo Corporation fondata dallo stesso Rossi, e saranno venduti in Europa e negli USA. “L’apparecchiatura costa duemila dollari (1300-1400euro) per kilowatt di potenza installato [1] mentre l’energia prodotta costerà meno di 1 centesimo a kilowattora”, dichiara Rossi.

Nonostante il dispositivo sia stato presentato agli occhi di esperti e appaia funzionante (ossia effettivamente in grado di produrre molta più energia di quella impiegata per metterlo in azione), ciò che rende gli scienziati ancora un po’ scettici è la mancanza di una soddisfacente spiegazione teorica del processo in atto. “Perché questa produzione di energia in eccesso avvenga non lo sappiamo realmente, per ora l’abbiamo solo ipotizzato”, affermano Rossi e Focardi. I fisici interessati al fenomeno vorrebbero poter riprodurre l’esperimento in laboratorio e studiarlo a fondo. La cosa che li lascia più perplessi è l’assenza di tracce di quelli che dovrebbero essere i prodotti della reazione nucleare supposta, in particolare le radiazioni gamma. Del resto in campo scientifico, prima di proclamare una scoperta, occorre effettuare molti esperimenti e misurazioni, riprodurli in maniera indipendente (ad opera di gruppi diversi ed eventualmente in laboratori differenti), fino a giungere a conclusioni univoche ed evidenti (secondo parametri stabiliti dalla prassi della ricerca). Purtroppo ciò non è al momento possibile perché l’architettura del dispositivo e la formula chimica degli additivi utilizzati sono coperti da segreto industriale e commerciale. Rossi ha avviato la richiesta del brevetto. Se esso venisse concesso, tali dettagli tecnici potrebbero essere svelati. Ma la procedura sta incontrando alcune difficoltà [2].

Una grande rivoluzione in campo energetico è alle porte? Sarebbe un evento straordinario, ma nella scienza occorre procedere in maniera molto cauta, perché gli abbagli sono un rischio da non sottovalutare. Troppo presto per lasciarsi prendere da entusiasmi, dunque. Al di là degli sviluppi di questa invenzione, che vedremo nel prossimo futuro, è il caso di ricordare che tutte le tecnologie sono 'limitate': possono risolvere dei problemi, ma presentano sempre anche degli effetti collaterali. Le risorse non sono infinite e le tecnologie non producono miracoli: il risparmio e la riduzione degli sprechi restano gli obiettivi principali.

Bisogna essere utilizzatori (sobri), non consumatori!





[1]. Un’abitazione di medie dimensioni per un consumo medio ha bisogno di 2 o 3 kW di potenza installati.

[2]. Maggiori informazioni riguardo alle dimostrazioni pubbliche, la storia passata di Andrea Rossi e la commercializzazione del catalizzatore di energia, si possono trovare in un ottimo servizio realizzato da RaiNews24 qui sotto.


Fonte: www.ilcambiamento.it    Articolo di Virginia Greco

 
 

Articolo del 09 ottobre 2011

Bologna, 6 ottobre 2011. In un capannone nella periferia industriale della città un gruppo di scienziati, giornalisti, addetti commerciali e rappresentanti degli industriali è stato invitato ad assistere a un test privato: verificare se funziona (e quanta energia produce) “l’energy Catalyzer”, il prototipo di reattore che l’ingegner Rossi e il fisico Focardi hanno presentato a gennaio (vedi sotto), frutto delle sperimentazioni sulla cosiddetta “fusione fredda”.
Stando a Rossi, nelle oltre dieci ore di sperimentazione, ci sarebbe una produzione di energia capace di alimentare per diverse ore uno stabile di tre appartamenti…
Il costo? Praticamente nulla: un grammo di idrogeno. Per la prima volta, comunque, l’e-cat è stato aperto e abbiamo potuto guardarci dentro… (video qui sotto)
Ad assistere alla dimostrazione, oltre a Radio Città del Capo, erano presenti giornalisti di testate specializzate: per l’Italia Focus e Radio 24 (Sole24ore), per la Svezia “Ny Teknik”: questo il  primo report pubblicato dal giornalista svedese Mats Lewan. Sul Blog “22passi” la traduzione italiana.

Nel seguente video viene presentata la cronaca della giornata commentata dall’ing. Andrea Rossi, con interviste al Prof. Sergio Focardi, al Professor Roland Peterson, al Prof. Stremmenos.
Difficile dire con totale certezza cosa sia effettivamente avvenuto: gli scienziati presenti erano comprensibilmente “abbottonati”. Tuttavia si avvertiva nei presenti  una certa (a volte inconfessabile)  percezione di star assistendo a qualcosa di reale. I dati che è stato possibile raccogliere dimostrerebbero che in regime di autosostentamento vi è una produzione di energia, non enorme, ma concreta, costante e ampiamente misurabile. A rendere sempre incerta la questione c’è la riservatezza e il limite alla visibilità dei principi di funzionamento dell’apparato posti dall’ing. Andrea Rossi, che ha in corso una pratica di brevetto e vuole preservare il segreto industriale per una futura commercializzazione di questi apparecchi.

 
 
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