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Articolo del 29 Dicembre 2009
Sono più di 100.000 le sostanze chimiche che attualmente sono presenti sul mercato europeo. Più di 100.000, quindi, le sostanze potenzialmente tossiche con cui quotidianamente veniamo in contatto. Tali elementi chimici, infatti, sono contenuti in merci di largo consumo ed in utensili di uso quotidiano apparentemente innocui e apparentemente indispensabili quali prodotti alimentari, mobili, giocattoli, apparecchi elettronici e cosmetici.
Sulla base di questa scomoda e pericolosa “convivenza” cui siamo costretti, è ormai inaccettabile il fatto che per oltre l’85% dei composti chimici oggi commercializzati non si disponga di dati sufficienti per comprendere gli effetti che un’esposizione a basso dosaggio a tali sostanze può avere sull’organismo umano e sull’ambiente, né a breve né a lungo termine.
Il risultato è che le proprietà tossicologiche ed ecotossicologiche di tali sostanze non sono realmente conosciute e che, proprio per tale pigra ambivalenza, queste stesse continuano ad essere commercializzate senza una legislazione “adeguata” che ne regolarizzi, nella pratica, il loro utilizzo.
La situazione è aggravata dall’esistenza di molteplici legami – non solo ipotetici, ma ampliamente dimostrati dalla comunità scientifica – tra malattie quali allergie, cancro, danni al sistema ormonale e problemi di fertilità – oggi tra l‘altro in decisivo aumento – e sostanze chimiche. Molti articoli scientifici, peraltro, ne attestano la pericolosa presenza nel sangue, nelle urine, nei tessuti adiposi, nel latte materno e nel cordone ombelicale dei neonati. Neppure la propria casa, infatti, è un luogo sicuro; a tale proposito va ricordato che, tutt’oggi, alcune sostanze chimiche utilizzate nella produzione di articoli di uso quotidiano sono strutturalmente simili ai noti policlorobifenili o PCB, nonostante anni fa, a danno compiuto, l’OMS avesse dichiarato che: «i dati ottenuti da studi su esseri umani e animali da esperimento indicano chiaramente che l’esposizione (in particolare quella prenatale) a certi interferenti endocrini (ad esempio i policlorobifenili) può avere effetti nocivi sullo sviluppo neurologico, sulle funzioni neuroendocrine e sul comportamento» (Damstra T, Barlow S, Bergman A, Kavlock R, Van Der Kraak G. 2002. Global assessment of the state-of-the-science on endocrine disruptors. IPCS - International Programme on Chemical Safety, WHO: Geneva).
In questo panorama “a rischio” chiaramente non si salva neppure l’alimentazione che, anzi, rappresenta una delle principali vie di esposizione dell’organismo umano agli inquinanti ambientali. Un’attenzione particolare va indirizzata agli alimenti di origine animale in quanto depositi favoriti del 90% delle diossine con cui entriamo in contatto. Il problema principale è che molte di queste sostanze tossiche sono risultate essere persistenti, ovvero resistenti alla degradazione; facile, dunque, ritrovarle anche a grande distanza dal luogo da cui sono state emesse. Caso eclatante è stato il rilevamento di un elevato tasso di tali inquinanti organici persistenti (POP - Persistent Organic Pollutants) nel latte materno delle donne Inuit, popolo delle regioni artiche, assolutamente prive di industrie chimiche, mentre ne era stata registrata una minore quantità in donne canadesi sottoposte al medesimo esame di controllo. Luogo deputato al deposito dei POP, tra cui anche i policlorobifenili, è il tessuto adiposo degli organismi, in cui gli elementi tossici si accumulano creando gravi danni al sistema immunitario e riproduttivo.
Veicoli alimentari d’eccellenza di diossine e PCB, nel contesto della dieta media europea (I-TEQs), sembrano essere prima di tutto il latte e i latticini (in percentuali variabili dal 16 al 39%), quindi la carne e suoi derivati (6-32%), infine il pesce, in particolare il nasello, la triglia, la sardina, il polpo, lo scampo, la spigola, l’orata e il pesce spada tirrenico (11-63%). Ortaggi, frutta e cereali contribuiscono all’ingerimento delle suddette sostanze solo per circa il 6-26 %.
In ambito alimentare i pesticidi sono al primo posto tra le cause di intossicazione, e anche se prodotti come il DDT (vedi Natura & Benessere n. 8, pagg. 100: Ambiente e Salute di Claudio Botrè), persistenti nell’ambiente, sono stati banditi nei paesi occidentali, sono ancora pienamente utilizzati in paesi in via di sviluppo, motivo per cui nessuno, neppure in Italia, può scampare ad eventuale contaminazione. Troppo spesso, inoltre, viene trascurato il fatto che anche qualora le concentrazioni di sostanze pericolose riscontrate in tali prodotti fossero nella norma, non è attualmente possibile valutare gli effetti della combinazione di centinaia di elementi tossici i quali, a loro volta, possono avere meccanismi di azione comuni dando forma, così, a fenomeni di sinergismo e alla moltiplicazione dell’effetto tossico.
Forse, per noi, è più facile evitare la contaminazione casalinga dei cibi. Uno studio effettuato nel 2002 ha infatti confermato che un semplice gesto, per molti quotidiano, come riscaldare e cuocere un pranzo veloce nel forno a microonde, può essere molto pericoloso per la nostra salute. Il contenitore, infatti, può raggiungere temperature superiori a 180°C dopo solo 5 minuti di riscaldamento, rilasciando nell’alimento sostanze tossiche di ogni genere, tra cui composti quali metilbenzene, etilbenzene, 1-octene, xilene, stirene e 1,4 diclorobenzene, vale a dire i più utilizzati nella produzione dei contenitori per alimenti oggi in commercio.
In attesa che l’Unione europea – riconoscendo l’inesistenza fino ad ora di una vera a propria “politica chimica” e l’inefficacia della legislazione attuale in materia – dia l’attesa forma, rafforzandolo, al nuovo progetto di regolamentazione conosciuto come REACH (Registrazione, Valutazione ed Autorizzazione delle sostanze chimiche), noi consumatori possiamo fare qualcosa già da subito.
Fondamentale, innanzitutto, è conoscere, informarsi ed essere consapevoli di ciò che acquistiamo e portiamo nelle nostre case, siano essi giocattoli, mobili, utensili da cucina o prodotti alimentari, in modo da limitare i danni che arrivano “dall’esterno”. Inoltre possiamo agire direttamente in modo positivo sul nostro organismo attraverso un’alimentazione sana. Ridurre, ad esempio, l’assunzione di cibi di origine animale, nel cui grasso si accumulano molte sostanze cancerogene e aumentare l’apporto di verdura, la quale contiene molti antiossidanti, e di carboidrati – che dovrebbero rappresentare più del 50% delle calorie totali quotidiane – con preferenza per gli alimenti integrali.
Un’alimentazione regolata sulla base di tali conoscenze ci protegge non solo dalle sostanze tossiche con cui ogni giorno entriamo in contatto, ma anche da eventuali malattie cardiovascolari che l’OMS ha indicato come principale causa di mortalità nei pesi occidentali.
Fonte
www.terranauta.it
LETTURE
Guida Tascabile
agli Additivi Alimentari !
un’indagine completa su ciò che troviamo
nei nostri cibi: la provenienza (naturale o
di sintesi), il grado di pericolosità e
gli eventuali disturbi e patologie
che possono provocare , l’aggiornamento
delle ricerche scientifiche sui danni
causati alla nostra salute, e due sezioni
di approfondimento dedicate all'aspartame
e al glutammato monosodico, due
degli additivi in commercio più diffusi e nocivi.
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Così ci Uccidono
Storie, affari e segreti dell'Italia dei veleni
35.000 morti e mezzo milione di malati:
ogni anno sono queste le vittime
delle sostanze tossiche che gli italiani
mangiano e respirano. 6740 chilometri
quadrati, un territorio più esteso della Liguria:
è la superficie complessiva delle aree
contaminate dai veleni nel nostro Paese.
15 milioni: sono le persone che in Italia vivono
in zone considerate a rischio sanitario.
Un disastro nazionale di cui nessuno vuole
parlare, una vera e propria industria che
coinvolge nomi di spicco. E prospera
sulla pelle dei cittadini.
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