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Articolo del 12 gennaio 2010
Un po’ come nel caso dell’energia nucleare, che continua ad essere propinata in questo preciso momento storico per la sua presunta capacità di poter aiutare nella lotta ai cambiamenti climatici (cosa peraltro falsa, come dimostrato nella puntata di Report “L’inganno” di Michele Buono e Piero Riccardi), anche nel caso degli OGM si continuano a diffondere notizie false che possano conquistare la buona fede, oltre che l’approvazione, dell’opinione pubblica.
Ora, anche lo sviluppo degli OGM “nutrizionali” è basato sullo stesso approccio del nucleare, ossia su rischiose e fallimentari tecnologie, come appunto è già stato fatto in passato. Lo conferma un recente rapporto della IAASTD (International Assessment of Agricultural Knowledge, Science and Technology for Development), che conclude le sue analisi affermando che il miglior modo per sfamare il mondo, sul quale bisognerebbe concentrare gli sforzi e le risorse della ricerca, è la coltivazione agro-biologica, di cui il miglior esempio è quella biologica.
In un articolo sull’inglese “The guardian”, Isobel Tomlinson si avvale dei commenti del Prof. Winkler rilasciati alla ottima Soil Association, nei quali viene ribadita la falsità delle asserzioni riguardanti la favola della sconfitta della fame nelle nazioni “in via di sviluppo”. «La malnutrizione», riporta la Tomlinson, «cresce per la mancanza di molti micro-nutrienti, e non può essere risolta dal semplice sviluppo di coltivazioni progettate per creare nutrienti specifici».
Ciò di cui c’è veramente bisogno, scrive la giornalista britannica, è la varietà, la diversità delle colture, e che «promuovere un’ulteriore sviluppo delle monocolture attraverso sementi geneticamente modificate non risolverà il problema», anche perché «tali sistemi agricoli si basano su elevati usi di fertilizzanti artificiali e pesticidi chimici». La soluzione sarebbe invece lo sviluppo (vero) dell’agricoltura biologica e nel ritorno a metodi agricoli tradizionali.
Oltre alla varietà di colture ed all’implementazione dell’agricoltura biologica, un altro metodo tradizionale che ha permesso all’umanità di provvedere al suo sostentamento per alcuni millenni e che potrebbe tornare ad essere utile oggi, è quello di un “semplice” ritorno alle cosiddette “rotazioni”, ossia al far “riposare” a turno gli appezzamenti di terreno, lasciandone sempre una parte a maggese.
Una scelta di questo tipo si sta dimostrando necessaria non solo per la qualità dei prodotti, ma anche per il progressivo impoverimento dei suoli che molti terreni stanno subendo da anni (un’altra puntata di Report [dei due autori succitati, “Il piatto è servito”, ne parla in modo dettagliato).
È necessario tornare al buon senso, piuttosto che affidarsi ciecamente ad una tecnologia e ad una scienza che da tempo hanno abbandonato la razionalità ed il perseguimento del benessere e della “verità”. Siamo ormai lontani dai tempi dell’Illuminismo, ora che le falle della scienza sono note a tutti e l’ostinazione del mondo politico ed economico nel tentativo di mascherarle sta creando solo una perdita di fiducia nel progresso stesso.
Il progresso e lo sviluppo sono un’ottima cosa, quando sono veramente tali. La tecnologia deve essere migliorata. Il discorso non è quindi ripudiare la tecnologia, ma usarla in modo sensato. Come sempre, invece, in un’ottica di crescita economica costante ciò su cui si punta (dall’agricoltura all’energia alla produzione di oggetti in generale) è sempre la quantità, quasi mai la qualità.
Le cifre sono enormi anche quando si considerano le quantità di pesticidi utilizzate a causa degli OGM, o il giro d’affari che ne consegue. Negli Stati Uniti d’America, punte di lancia della produzione ed uso degli organismi geneticamente modificati, il transgenico è presente da tredici anni. Ora, tirando le somme, è stato dimostrato che la coltivazione di soia, mais e cotone transgenici ha fatto aumentare considerevolmente negli USA non solo il consumo di pesticidi, ma anche la diffusione di piante infestanti ormai resistenti agli erbicidi.
Secondo la ricerca capitanata dall’agronomo Charles Benbrook, in 13 anni di diffusione degli ogm per gli erbicidi si sono spesi 383 milioni di dollari in più, per una quantità di 172 mila tonnellate. Per combattere le piante infestanti, invece, i coltivatori sono stati (e sono) costretti ad usare quantità più elevate di glifosato, o sono passati ad erbicidi ancora più tossici, come il Paraquat o l’acido diclorofenossiacetico.
Fonte
www.terranauta.it
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